L’opera Rossa è la stella / Nera è la stella (2003) è una scultura di forte carica simbolica e materica, che si inscrive nella lunga e coerente indagine dell’artista sui concetti di energia, trasformazione e tensione tra opposti.
Realizzata in piombo e vernici, con una doppia impronta concava che allude alle due stelle del titolo — una rossa e una nera — l’opera assume una forma meditativa e al tempo stesso dinamica. Il piombo, materiale denso, tossico, associato alla gravità e alla trasmutazione, è spesso usato da Zorio come supporto di una tensione invisibile, come fosse il punto d’impatto di forze contrapposte. Qui, la scultura si sviluppa lungo una superficie piana ma con impronte scolpite, quasi a suggerire una memoria impressa, un’eco fossile di eventi cosmici, politici o emotivi.
Le stelle, simboli centrali nella pratica di Zorio, sono al contempo strumenti di orientamento e icone ideologiche. La stella rossa e la stella nera si fronteggiano o forse si completano, in un equilibrio instabile tra luce e oscurità, rivoluzione e negazione, affermazione e sparizione. L’una è la matrice dell’altra, e viceversa.
La scelta del doppio titolo accentua la natura duale dell’opera, che può essere letta come un contrappunto tra presenza e assenza, tra simbolo e materia. Non è un dittico, ma una scultura che contiene in sé due poli di senso.
Zorio non costruisce oggetti, ma campi di energia plastica, luoghi in cui la materia è attivata da tensioni concettuali e fisiche. Rossa è la stella / Nera è la stella è una di queste “batterie”, capaci di immagazzinare e sprigionare significato, senza mai esaurirlo
Gilberto Zorio (Andorno Micca, 1944) è un alchimista della forma, uno sperimentatore instancabile che ha fatto dell’energia il fulcro della sua pratica artistica. Fin dagli anni Sessanta, nell’ambito dell’Arte Povera, Zorio ha operato nel dominio della trasformazione, orchestrando tensioni e mutazioni materiali che sfidano l’inerzia della scultura tradizionale.
La sua ricerca si nutre di processi in divenire: l’ossidazione dei metalli, l’evaporazione dei liquidi, la tensione tra forze contrastanti. Elementi archetipici come la stella, il giavellotto e la canoa diventano condensatori di energia, forme cariche di significato e potenzialità dinamica. La materia non è mai statica, ma attraversata da flussi chimici e fisici che la ridefiniscono nello spazio e nel tempo. L’opera si fa campo di forze, una macchina instabile che intercetta il movimento e il cambiamento, esaltando l’attrito tra natura e artificio, tra passato e futuro.
Esponendo nei principali musei internazionali – dal Centre Pompidou di Parigi al MoMA di New York, dallo Stedelijk di Amsterdam alla Biennale di Venezia – Zorio ha costruito un lessico plastico che dissolve ogni confine tra scultura, installazione e performance. Le sue opere sono organismi vivi, sistemi aperti che interagiscono con lo spazio e con lo spettatore, in una continua oscillazione tra equilibrio e precarietà, luce e ombra, esplosione e attesa.
L’opera Rossa è la stella / Nera è la stella (2003) è una scultura di forte carica simbolica e materica, che si inscrive nella lunga e coerente indagine dell’artista sui concetti di energia, trasformazione e tensione tra opposti.
Realizzata in piombo e vernici, con una doppia impronta concava che allude alle due stelle del titolo — una rossa e una nera — l’opera assume una forma meditativa e al tempo stesso dinamica. Il piombo, materiale denso, tossico, associato alla gravità e alla trasmutazione, è spesso usato da Zorio come supporto di una tensione invisibile, come fosse il punto d’impatto di forze contrapposte. Qui, la scultura si sviluppa lungo una superficie piana ma con impronte scolpite, quasi a suggerire una memoria impressa, un’eco fossile di eventi cosmici, politici o emotivi.
Le stelle, simboli centrali nella pratica di Zorio, sono al contempo strumenti di orientamento e icone ideologiche. La stella rossa e la stella nera si fronteggiano o forse si completano, in un equilibrio instabile tra luce e oscurità, rivoluzione e negazione, affermazione e sparizione. L’una è la matrice dell’altra, e viceversa.
La scelta del doppio titolo accentua la natura duale dell’opera, che può essere letta come un contrappunto tra presenza e assenza, tra simbolo e materia. Non è un dittico, ma una scultura che contiene in sé due poli di senso.
Zorio non costruisce oggetti, ma campi di energia plastica, luoghi in cui la materia è attivata da tensioni concettuali e fisiche. Rossa è la stella / Nera è la stella è una di queste “batterie”, capaci di immagazzinare e sprigionare significato, senza mai esaurirlo
Gilberto Zorio (Andorno Micca, 1944) è un alchimista della forma, uno sperimentatore instancabile che ha fatto dell’energia il fulcro della sua pratica artistica. Fin dagli anni Sessanta, nell’ambito dell’Arte Povera, Zorio ha operato nel dominio della trasformazione, orchestrando tensioni e mutazioni materiali che sfidano l’inerzia della scultura tradizionale.
La sua ricerca si nutre di processi in divenire: l’ossidazione dei metalli, l’evaporazione dei liquidi, la tensione tra forze contrastanti. Elementi archetipici come la stella, il giavellotto e la canoa diventano condensatori di energia, forme cariche di significato e potenzialità dinamica. La materia non è mai statica, ma attraversata da flussi chimici e fisici che la ridefiniscono nello spazio e nel tempo. L’opera si fa campo di forze, una macchina instabile che intercetta il movimento e il cambiamento, esaltando l’attrito tra natura e artificio, tra passato e futuro.
Esponendo nei principali musei internazionali – dal Centre Pompidou di Parigi al MoMA di New York, dallo Stedelijk di Amsterdam alla Biennale di Venezia – Zorio ha costruito un lessico plastico che dissolve ogni confine tra scultura, installazione e performance. Le sue opere sono organismi vivi, sistemi aperti che interagiscono con lo spazio e con lo spettatore, in una continua oscillazione tra equilibrio e precarietà, luce e ombra, esplosione e attesa.
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